Trevor Brown: quando l'estremo si tinge di pop

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A cura di Alice Kundalini - She Spread Sorrow

Ho scoperto Trevor Brown attraverso le copertine dei Whitehouse, gruppo power electronics inglese, tra i maestri e pionieri di questo genere, che vede nella provocazione, nell'eccesso e nelle shock tactics il nodo centrale della propria estetica. Quality Time, Halogen, Mummy and daddy, Twice is not enough, Just like a cunt le copertinechehanno la sua firma.

Premetto che la prima volta che ho sentito i Whitehouse non avevo ancora 20 anni e credevo che mi si fosse rotto lo stereo. E quando ho capito che non era così, ho creduto che il disco fosse in qualche modo corrotto, deteriorato. Insomma il mio cervello non si capacitava. Non avevo mai ascoltato la power electronics, avevo esperienza con l'industrial, ma, seppur ostico e rumoroso, non mi aveva sufficientemente preparato ai Whitehouse. Rumore violentissimo e grida folli, testi raccapriccianti e tematiche da mani nei capelli.

Ovviamente, essendo abbastanza caparbia e soprattutto estremamente curiosa, il non capire mi ha poi aperto un mondo intero, fino a scoprire che esiste un intero genere musicale così, con addirittura sottogeneri, differenziazioni, e molte persone coinvolte (non moltissime a dir la verità, ma considerando la difficoltà di approccio, siamo anche in tanti). Alla fine, affascinata dall'estremo e da ciò che è sempre oltre, è diventato uno dei generi che ho più ascoltato e anche "suonato", se così si può dire.

Se ci si immagina quindi la copertina di un disco di un gruppo come i Whitehouse, difficilmente si pensa a disegni colorati con tinte pastello e forme morbide, quasi da cartone animato. Ed invece è esattamente così, almeno per le copertine che ho citato sopra, che sono tra le più celebri del gruppo.

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Trevor Brown è un disegnatore inglese, che vive e lavora a Tokyo dagli anni '90. Innamorato dell'arte giapponese in stile Maruo, crea uno stile personale che fonde l'immaginario pop della cultura giapponese, con gli estremismi tipici di questa società, sviluppando tematiche estremamente controverse, soprattutto legate alle parafilie, alle perversioni sessuali, alla violenza domestica, al BDSM, al fetish.

Ispirato da Romain Slocombe, pioniere della medical art, da autori come Georges Bataille e il Marchese De Sade e dalle bambole create da sua moglie, fonde in un mix irresistibile i colori e le forme in stile pop giapponese con contenuti disturbanti, a volte anche estremi, come quelli sopra descritti.

Tra le sue pubblicazioni, una delle mie preferite è la sua rivisitazione di Alice nel paese delle meraviglie (Trevor Brown's Alice del 2010), di cui crea illustrazioni incredibili, in grado di raccogliere la follia dell'opera di Carroll e fonderla con la sua, portando le visioni del libro ad un connubio perfetto con la sua estetica personale. Altre opere a cui sono particolarmente legata sono Rubber Doll, una rappresentazione ultrapop del fetish nelle sue forme più disturbanti;MedicalFun, dove riprende l'estetica tipica della medical art;Li'l Miss Sticky Kiss, una raccolta delle sue bamboline tra le più famose;ForbiddenFruit, dove ci sono alcune delle sue opere con un'estetica che trovo meno pop e colorata e forse più disturbante; per poi arrivare ad alcune opere in bianco e nero, con tratti più nervosi e meno netti, un'estetica che resta riconoscibile nonostante estremamente differente: Temple of Blashpemy e Black & White.

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Oltre che per i Whitehouse, ha curato copertine per molti altri artisti, come Deicide, GG Allin, John Zorn, Venetian Snares, Kayo Dot, Crystal Castle, ecc. E oltre alle pubblicazioni, anche mostre, molte delle quali in Giappone, lasciando per una volta all'Italia una sorta di primato positivo, essendo Bologna (alla Mondo Bizzarro Gallery) una delle poche città insieme a Los Angeles ad aver ospitato delle sue mostre in Occidente.

Inutile ovviamente dire che sia i Whitehouse che Trevor Brown, se da un lato hanno riscosso molto successo tra gli appassionati e il loro "matrimonio" è diventato un vero e proprio cult,dall'altro abbiano sollevato orde di perbenisti pronti a puntare il dito e sconvolgersi di quanto fatto. Con accuse, controversie e delazioni di ogni tipo, sono stati molto spesso al centro di accese discussioni in termini di morale. Ovvio che per artisti come loro è esattamente la reazione che vogliono ottenere, e quindi ben venga, missione compiuta. Per chi invece non ama rinchiudere l'espressione artistica nel recinto della morale comune, ma anzi si diverte ad usare il linguaggio artistico per distruggere qualsiasi confine, non rimarrà indifferente ai maestri della provocazione, che quando poi si incontrano, solitamente scrivono le pagine dei libri o quantomeno dei blog, come questo.

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Black Pills è una rubrica che non vuole insegnare nulla. Ci sono libri, articoli, manuali che trattano biografie di artisti, film, opere d'arte in modo dettagliato ed esaustivo. Non è questo il caso. Le pillole nere sono piccoli scorci di panorami culturali e artistici a volte molto ampi che rappresentano la possibilità di approfondire tematiche che non appartengono totalmente alla cultura di massa, ma che si muovono su altri canali e altri circuiti. In un mondo dove la scelta è limitata spesso a ciò che è definito nel senso più ampio come pop, è vivamente consigliato assumere qualche pillola di colore diverso e scoprire magari qualcosa di nuovo, che in alcuni casi, come nel mio, può accompagnare per il resto della propria vita.

 
Marco Mandrino