Gondry e i sogni in formato videoclip

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A cura di Alice Kundalini - She Spread Sorrow

Michel Gondry è un regista nato a Versailles nel 1963 e noto per il suo stile visionario ed onirico estremamente personale. Inizia giovanissimo come musicista, suonando la batteria nella band Oui Oui, per cui realizza alcuni videoclip musicali.

Per una fortunatissima combinazione di eventi, i suoi video vengono visti niente poco di meno che dalla signora Bjork. E da qui inizia una collaborazione meravigliosa tra questi due artisti: la musica sempre oltre i confini dell’ordinario di Bjork si sposa alla perfezione con le immagini poetiche, oniriche, surreali dei videoclip di Gondry. Ognuno dei due artisti aggiunge valore all’altro, come nelle collaborazioni più fruttuose e interessanti.

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Per Bjork gira moltissimi video, ma non si ferma qui e continua la sua carriera girandone innumerevoli altri, sempre di qualità altissima, per tantissime star della musica pop come Kylie Minogue, White Stripes, Cibo Matto, Chemical Brothers, Daft Punk, Massive Attack, Rolling Stones, Foo Fighters, ecc. Diventa un punto di riferimento assoluto per i videoclip, girando quelli che per mio gusto personale rimangono ad oggi tra i più belli mai fatti.

Tempo e spazio che mutano, persone che si moltiplicano, effetti digitali che si fondono con altri super artigianali, teste giganti, mani giganti, libri che si scrivono e si cancellano da soli, gorilla che fanno i dentisti, e tanto tanto altro. Difficile dire quali siano i migliori, ognuno ha una caratteristica distintiva che lo rende in qualche modo memorabile.

Dalle batterie che si moltiplicano una dopo l’altra di The Hardest Button to Button dei White Stripes; al geniale doppio piano in cui la stessa storia si mostra in avanti e all’indietro, fondendosi in uno spazio temporale che ti fa perdere ogni riferimento, nel video Sugar Water delle Cibo Matto; ai famosissimi e stupendi video di Bjork: Joga, Bachelorette, Army of Me, Isobel, Hyperballad… E non si può non citare Around The World dei Daft Punk, con questa danza circolare fatta da personaggi improbabili, ognuno sincronizzato ad un determinato suono del brano.

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Ogni volta che mi capita di rivedere un video di Gondry mi viene immediatamente la sindrome da anni ’90 del “Eh (sospiro) non li fanno più i video belli come una volta”, e nel caso di Gondry sfido chiunque a non pensarlo. In un periodo storico in cui la musica vive di streaming, in cui si perde riferimento all’artista e alla sua originalità in un guazzabuglio di playlist usa e getta, si perde anche il riferimento al visivo. E se Video Killed The Radio Star ultimamente Spotify Killed The Video Star, ecco, in una ciclicità che ci si doveva aspettare da quando MTV ospita più principi in cerca di mogli che video musicali. Soprattutto avanguardisti come questo.

In ogni caso Spotify non ha ucciso Gondry. Per nulla. Negli anni 2000, Gondry ha iniziato la sua carriera da regista di film, con Human and Nature del 2001, per poi proseguire ed ottenere estrema attenzione e successo anche sul grande schermo. Tutti conosciamo Se ti lascio ti cancello, quantomeno per l’idiozia della trasposizione del titolo, in originale Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Film romantico, visionario, sorprendente, con Jim Carrey e Kate Winslet, un successo incantevole che definisce l’estetica cinematografica di Gondry. Storie da sogni ad occhi aperti, con tecniche registiche innovative utilizzate nei videoclip, personaggi introspettivi, fuori dagli schemi, fuori dal mondo.

Da questo secondo film di incredibile successo e di altissima qualità, si sono susseguiti altri titoli, come l’esilarante Be Kind Rewind – Gli Acchiappafilm (chissà cosa succede di fronte ai film di Gondry quando devono scegliere il titolo italiano, bà, Acchiappafilm lo hanno gentilmente aggiunto, ma non esiste nel titolo originale che è solo Be Kind Rewind), The Green Horne, Mood Indigo, The We and I, Microbo e Gasolina.

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Non solo film e videoclip, ma anche serie televisive. In particolare il suo ultimo lavoro, Kidding, una serie televisiva meravigliosa con un grandissimo Jim Carrey nei panni di Mr Pickles, un Tonio Cartonio depresso (un artista dei programmi per bambini, per chi non fosse colpevolmente fan della Melevisione).

Gondry ha per me alcuni meriti incredibili. Oltre a saper fare il cubo di Rubik con i piedi (giuro, c’è un video che lo dimostra), anzitutto mi fa digerire il pop e il mainstream. Per me questo è un sorta di primato indiscusso. Cioè, io lo vedo come un ponte. Da un lato riesce a piacere al grande pubblico e l’arte, diciamolo, è anche comunicazione. Non sempre è facile riuscire a mantenersi fedeli ad un’estetica originale e fuori dagli schemi come la sua, facendola digerire anche a chi non è avvezzo a questo linguaggio. Eppure ci riesce, ottenendo grandi successi di pubblico. E al tempo stesso piace anche a chi rifiuta l’intrattenimento da botteghino fine a se stesso. Riesce a farmi anche ascoltare i Foo Fighters per dire. Scherzi a parte, comunicare con una forma artistica in grado di unire panorami e persone estremamente differenti non è da tutti. Il suo mondo, essendo il mondo dei sogni, lo fa. Un po’ come per i surrealisti, che tra le a avanguardie di inizio ‘900 restano tra quelle più apprezzate dal grande pubblico, perché più intellegibili dei water di Duchamp, anche qui succede lo stesso. Il linguaggio dei sogni, o almeno il suo linguaggio dei sogni, rimane un linguaggio quasi universale e questo mi emoziona tutte le volte.

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Black Pills è una rubrica che non vuole insegnare nulla. Ci sono libri, articoli, manuali che trattano biografie di artisti, film, opere d'arte in modo dettagliato ed esaustivo. Non è questo il caso. Le pillole nere sono piccoli scorci di panorami culturali e artistici a volte molto ampi che rappresentano la possibilità di approfondire tematiche che non appartengono totalmente alla cultura di massa, ma che si muovono su altri canali e altri circuiti. In un mondo dove la scelta è limitata spesso a ciò che è definito nel senso più ampio come pop, è vivamente consigliato assumere qualche pillola di colore diverso e scoprire magari qualcosa di nuovo, che in alcuni casi, come nel mio, può accompagnare per il resto della propria vita.

 
Marco Mandrino