Saturno Buttò: piacere e dolore

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A cura di Alice Kundalini - She Spread Sorrow

Saturno Buttò è un artista veneto nato nel 1957 a Portogruaro, con un’estetica irresistibile. Sacro e profano, estasi mistica e trasgressione, religione e fetish: Saturno Buttò costruisce con la sua tecnica incredibile ed estremamente "classica" in cui il riferimento principale è l’arte sacra, la matericità del corpo umano, soprattutto femminile, tanto disprezzato dalla tradizione cristiana, che in esso ritrova solo tentazione e peccato.

Ed è questo che rappresenta nelle sue opere Saturno Buttò, rendendolo l’aspetto centrale della sua arte. Non a caso una delle sue personali più celebri si intitola proprio Eretico/Ieratico.

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Il Cristianesimo vive su questa profonda spaccatura: rinnega ciò che è umano in un costante rimando al divino che è totalmente oltre, totalmente al di là. Rispetto alle tradizioni pagane o di altre religioni di stampo panteista, il Cristianesimo con la sua trascendenza “estrema” rimanda tutto dopo la vita, al di là del mondo, senza il corpo. Una dimensione spirituale assoluta. Il rimandare tutto oltre comporta un passo successivo, che è la valenza negativa di tutto ciò che è al di qua. Il Cristianesimo non si limita a farci attendere l’aldilà, ma stigmatizza in modo estremamente perentorio tutto ciò che deriva dalle sensazioni fisiche, naturali, corporee, umane. Quindi il corpo è male, il piacere è male, il sesso è male, godere per un buon piatto di cibo è male, addirittura fantasticare sul piacere è male. La donna ovviamente è tra i più grandi dei mali in senso assoluto, tentatrice, peccatrice, causa della fine del paradiso terrestre. Ed è un corpo che genera un corpo dopo un atto sessuale, portando quindi quest’ombra perversa anche su ciò che c’è di più naturale e necessario al genere umano, come la gravidanza e la generazione della vita. E infine, per concludere in bellezza, siccome tutto ciò che è naturale viene definito come peccato, ma essendo naturale è impensabile esserne estranei, ecco la ciliegina sulla torta, la colpa. E di conseguenza la vergogna. E di conseguenza la punizione.

La cosa però estremamente contraddittoria, ma anche estremante affascinante del Cristianesimo, è che questa aspirazione costante allo Spirito si traduce in narrazioni che invece sono estremamente “materiche”. Cioè questa religione così trascendente ha un figlio di Dio uomo che finisce su una croce. Ci vengono mostrati spine che entrano nella sua carne. Chiodi che gli trafiggono le mani. Una lancia che gli squarcia il costato. Entriamo in Chiesa, ci guardiamo intorno e quello che vediamo è questo. Corpi sanguinanti, crocifissioni, stigmate, torture, guerre, violenza. E molto spesso non solo, anche ossa, teschi, santi mummificati. E l’Eucarestia? In cui “mangiamo” il corpo di Cristo e ne beviamo il sangue. Per purificarci dai peccati. Cosa c’è di più “corporeo” di una cosa come questa? Per non parlare dei rituali che ancora si trovano in molte parti del mondo di mortificazione corporea e di automutilazione.

Quindi da un lato il corpo è male, ma da questo non ne scaturisce un estromissione, anzi, diventa costantemente protagonista. Direi una vera e propria ossessione, come spesso diventano le cose maggiormente proibite. Un costante e oscillante binomio tra piacere e dolore. Il piacere che diventa colpa e il dolore che diventa espiazione. Il piacere vietato, il dolore purificatore. Eppure entrambe sono facce della stessa medaglia, entrambe estremamente fisiche ed estremamente reali, legate ai sensi e all’esperienza corporea.

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Tutto questo è evidente nell’opera di Saturno Buttò che coglie questo aspetto dell’arte cristiana e ne fa la sua estetica. Nelle sue opere il corpo è centrale. Sempre. E l’impostazione tipica dell’arte sacra segue questa deriva, cavalca in modo deciso proprio questa contraddizione, portandola all’estremo e traducendola in un linguaggio contemporaneo. Sguardi di donne in estasi mistica o al culmine del piacere? Masturbazione, gravidanza, operazioni chirurgiche sono solo alcuni dei momenti in cui Saturno Buttò rappresenta le sue figure (quasi tutte femminili). Momenti in cui il corpo viene sottoposto a forme di dolore o piacere, in questo costante gioco degli opposti, in cui la mano dell’artista porta alla luce la contraddizione e la danza tra corpo e spirito.


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Black Pills è una rubrica che non vuole insegnare nulla. Ci sono libri, articoli, manuali che trattano biografie di artisti, film, opere d'arte in modo dettagliato ed esaustivo. Non è questo il caso. Le pillole nere sono piccoli scorci di panorami culturali e artistici a volte molto ampi che rappresentano la possibilità di approfondire tematiche che non appartengono totalmente alla cultura di massa, ma che si muovono su altri canali e altri circuiti. In un mondo dove la scelta è limitata spesso a ciò che è definito nel senso più ampio come pop, è vivamente consigliato assumere qualche pillola di colore diverso e scoprire magari qualcosa di nuovo, che in alcuni casi, come nel mio, può accompagnare per il resto della propria vita.

 
Marco Mandrino