L’incredibile bellezza della semplice solidarietà
Siamo in un paesino, John Dutch, nel nord dello Utah, 220 abitanti ad alta quota sopra un canyon. Sotto scorre il Green Rivern che molto più avanti, nelle Canyonlands, confluisce nel Colorado River. Il fiume in questione è freddissimo e pieno di rapide. Ci dicono però che le rapide, essendo basso il livello dell'acqua, sono molto semplici da attraversare. Affittiamo quindi un Kayak a due posti e chi ce lo affitta ci porta in un punto del fiume e ci accordiamo con lui che ci verrà a prendere 11 km a valle dopo 3 ore.
Noi siamo ovviamente totalmente inesperti ed alla seconda rapida non teniamo il kayak dritto che si rovescia. La corrente mi trascina via, finisco più volte sott’acqua come solo nei film avevo visto fare, tenendo lo zaino, (perderlo sarebbe stata una piccola tragedia), un remo e la life-jacket (indossarla sarebbe stato da sfigati). Nel frattempo, Emanuela, finita in acqua anche lei, è stata trattenuta da una roccia e riesce così eroicamente a disincagliare il kayak e buttarcisi sopra anche se non aveva più remi.
Una piccola imbarcazione a remi con tre pescatori, a bordo posizionata dopo la rapida, assiste alla scena e “corre” in nostro soccorso. Recuperano il remo di Emanuela, recuperano me e trascinano il kayak con Emanuela sopra vicino a riva. Ci lasciano lì, anche perché non potevano fare altro. Noi siamo bagnati e congelati ma non abbiamo scelta non potendo comunicare con nessuno. Saltiamo sopra il kayak con l’idea di raggiungere il punto in cui il tizio che ce lo ha affittato ci deve recuperare. Remiamo così più velocemente possibile. Facciamo esperienza e diventiamo più bravi a superare le rapide senza farci ribaltare. Copriamo gli 11 km e raggiungiamo il punto di raccolta con un’ora di anticipo. Trasciniamo il kayak a riva con le gambe così congelate da non riuscire più a camminare.
Dobbiamo però attendere quasi un’ora. Altri pescatori che arrivano nel parcheggio sono visibilmente preoccupati per noi. Ci fanno domande. Si offrono di darci i loro vestiti asciutti. Un gruppetto prende l’auto, il luogo non aveva linea telefonica, e va a chiamare aiuto. Arriva lo sceriffo che dopo averci chiesto chi ci deve venire a prendere corre lui a chiamarlo. Dopo una ventina di minuti torna lo sceriffo che ci dice che sta arrivando, ma nel frattempo ci fa sedere sul suo pickup caldo. Chiacchieriamo un poco nell’attesa e lui ci dice che fa parte del suo dovere aiutare le persone e che è contento di farlo.
La nostra avventura è stata così l’occasione per scoprire che esistono ancora persone che non fanno finta di nulla, che, se anche noi non abbiamo chiesto nulla, sono disposte ad aiutare o e si preoccupano anche se no eravamo degli sconosciuti.
Abbiamo così imparato come si gestisce un kayak sulle rapide, scoperto come è l’interno di pick up dello sceriffo (davvero pieno di giochini interessanti), sperimentato com’è la sensazione di essere travolti dalla corrente, scoperto che a volte la lifejacket potrebbe non essere proprio solo da sfigati, ma soprattutto ammirato la semplice e disinteressata solidarietà umana.
Foto di e.b. fatta appena partiti prima di finire in acqua :)
m.m.