Estate rosso sangue
A cura di Alice Kundalini - She Spread Sorrow
Come accade durante le vacanze natalizie, anche in quelle estive si riaccende la voglia di film horror. La signora TV, educatrice della generazione ‘80-’90, ben conscia di questo, da sempre nel periodo di luglio-agosto comincia a proporci film abbastanza agghiaccianti in cui giovani felici e pieni di vita, pronti a godersi le vacanze, vengono squartati da maniaci mascherati, da squali, da piranha, da entità oscure, da personaggi dei sogni e compagnia bella (più o meno).
Sarebbe interessante indagare come mai la maggior parte degli horror tornino in voga o abbiano come tematiche principali i momenti dell’esistenza in cui si dovrebbe essere felici e spensierati. Quasi che un benessere di partenza possa incrementare ulteriormente l’orrore, affondando le radici nell’inconscio collettivo per cui una scena spaventosa in una normale giornata di routine in ufficio sarebbe per molti solo il ritratto della quotidianità, in cui gli squartamenti del boss senza scrupoli o del cliente rompipalle sono viaggi mentali fin troppo frequenti. E probabilmente c’è anche quel pensiero latente radicato nelle spire più profonde dello spirito, spesso dai catechisti o figure similari, per cui, dai, un pochino la felicità si deve punire. E più è alta la felicità di partenza, più è alto il livello di orrore nel perderla. Una sorta di pessimismo preventivo, che sta alla base della vita di molte, troppe persone.
In ogni caso gli horror estivi sono compagni ormai rassicuranti e affidabili, come gli amici che avevi da piccolo quando andavi in vacanza a casa dei nonni.
Purtroppo la signora TV è tanto cambiata negli anni e ultimamente sono molto meno ferrata su quello che capita sugli 8000 canali televisivi attuali, contando poi tutte le piattaforme digitali, una vera giungla. Però ogni anno la tradizione torna e qui e là ricompaiono questi vecchi amici, alcuni invecchiati benino, altri male male, ma che come punture di zanzara sono moderne madeleine in grado di portarti immediatamente alle estati di quando eri bambino e cercavi di guardare quei film di nascosto, mentre ti grattavi l’ennesima puntura.
Ovviamente ci sono dei classiconi imprescindibili da vedere in questo periodo. Il primo è ovviamente Lo Squalo, di Steven Spielberg, che ci terrorizza dal 1975. E secondo me non può esserci un’estate degna senza passare attraverso le sue fauci e le chiazze rosse che rendono il mare da luogo di divertimento a dolce mattatoio. Stessa cosa per Piranha del 1978. Altri capolavori (a loro modo) del genere “creature marine pronte a rovinarci la vita (o interromperla)” sono Tentacoli (1977) e L’orca assassina (anche questo del 1977).
Sul filone delle vacanze al mare rovinate si possono citare decine e decine di pellicole: Spiaggia di Sangue (che è più o meno la descrizione che darei ai miei momenti sul litorale); Monster – Esseri ignoti dai profondi abissi (1980), in cui i nemici sono creature mutanti mezzi uomini e mezzi pesci; i vari sequel e derivati de Lo Squalo: ce n’è per tutti i gusti, Squalo 3D, Open Water, Shark Tale, Sharknado, Shark Attack, ecc ecc.
Per quanto riguarda creature mutanti, stile sirene, ma molto horror, cito il fantastico Dagon – La mutazione del male di Stuart Gordon, del 2001, ispirato ai racconti Innsmouth e Dagon di Lovecraft. Non dimentichiamo però che nell’acqua non ci sono solo pesci pericolosi e creature mutanti, ma anche batteri e agenti patogeni che diffondono atroci malattie mortali, come nel terribile The Bay del 2012.
Ma le minacce non arrivano solo dal mare, c’è anche un altro grosso problema, quello dei maniaci. Le loro prede preferite sono i ragazzi che si divertono in vacanza (e come dargli torto), quindi qui si apre un altro immenso capitolo, che tra l’altro si sposta dal mare ad altre ambientazioni, solitamente più boschive o desertiche. Un tema che chi è stato negli Stati Uniti non può non essersi posto: i luoghi sperduti nel nulla. Ma non semplicemente un po’ isolati, tipo che so, Calamandrana, proprio nel nulla vero. Negli Stati Uniti capita che tu faccia 2, 3 ma anche 4 o 5 ore di auto senza incontrare il minimo barlume di civiltà, se non qualche benzinaio desolato, con il cartello arrugginito e il proprietario senza i denti (true story). E in questi viaggi di 2, 3, 4, 5 ore capita di vedere qualche cassetta delle lettere (a indicare che a qualche chilometro dalla strada nell’interno ci sia qualcuno che riceve della posta), cartelli inquietanti relativi a Gesù, assi di legno con numeri di telefono scritti a vernice che offrono vari servizi (soprattutto tatuaggi), ma senza avere nessun edificio di riferimento a perdita d’occhio, e poi roulotte e case mobili, totalmente isolate. Quando le vedi non puoi non pensare: “Ma come cavolo fanno a vivere qui? Cosa fanno? Chi vedono?” La risposta non può che essere: “Uccidono gente”. Non può esserci altra spiegazione. E aggiungiamo che quelli sono posti in cui si sparisce davvero, cioè è impensabile ritrovare una persona scomparsa in lande desolate di quelle dimensioni.
Quindi non stupisce la quantità di film, alcuni anche super cult, che si basano su questo assunto. Per esempio Non Aprite Quella Porta, di Tobe Hooper del 1974 (di cui esiste un discreto remake del 2003), uno dei miei horror preferiti di sempre, in cui compare il famoso Leatherface, il maniaco con la maschera fatta di pelle umana, ispirato alla vera storia del serial killer Ed Gein. Ma anche Le Colline Hanno Gli Occhi (1977, remake del 2007), il cui titolo è la spiegazione migliore della sensazione che hai nei posti sopra descritti.
Tra le vacanze boschive andate male troviamo molti altri cult, uno su tutti Blair Witch Project (1999). Per gli amanti dello splatter/gore anche Cabin Fever di Eli Roth, uscito nel 2002, non è affatto male. Cito anche Calvaire, horror davvero disturbante, non facilissimo da intercettare perché abbastanza estremo, in cui non siamo nella desolazione statunitense, ma in quegli scenari boschivi che possiamo trovare anche a pochi chilometri da casa, in villaggi popolati da zotici violenti, cacciatori lontani dalla civiltà, amanti del bere troppo e in Calvaire anche della zoofilia, della violenza e dell’omicidio.
Altri super cult con ambientazione boschiva sono La Casa (1981 di Sam Raimi) e Venerdì 13 (1980 di Sean S. Cunningham), con i rispettivi sequel. E poi decine e decine di pellicole, per esempio: Quella Casa Nel Bosco; Wrong Turn – Il bosco ha fame; Eden Lake; Broken – Nessuno vi salverà; Il Bosco dell’Orrore; ecc ecc.
Cito ancora una perla a sé stante, ovvero il fantastico capolavoro del cinema trash Il Bosco 1 (1988). Non è un errore di battitura, ma proprio il titolo, in quanto nel momento dell’uscita era già previsto il sequel e quindi si è voluto specificare il numero da subito. Del sequel alla fine non si trova traccia, se non in dichiarazioni del regista Andrea Marfori che in ripetute occasioni ha affermato fosse in uscita, senza che poi si realizzasse un bel nulla.
Passiamo ad un’altra tematica da affrontare: il misterioso Est Europa, inquietante non solo per la presenza dei vampiri. Soprattutto nell’immaginario degli americani, l’Europa è la vera terra della libertà. Cioè per noi europei la Land Of Freedom sono gli Stati Uniti, ma per loro la vera libertà è quella europea, ovvero la libertà sessuale, la cui massima espressione per l’americano medio sono il topless e le spiagge nudiste. Questo porta molti ragazzi a viaggiare in Europa soprattutto verso est, dove questa libertà spesso si tramuta in prostituzione, che non è proprio la stessa cosa dell’amore libero, ma forse per gli americani sì. E qui si arriva a Hostel, altro film di Eli Roth di vero culto, in cui, come in poche altre pellicole le vacanze passano da bene bene a male male male male, ma proprio davvero male, in uno scenario est europeo fatto di ragazze e divertimento, ma soprattutto di torture, violenze inimmaginabili, litri di sangue, uomini senza pietà e cadaveri.
Mare no, boschi no, Est Europa no, ma se pensi di rifugiarti nel mondo dei sogni, sappi che anche quello non è ben popolato. Altra saga di film che vanno alla stragrande in estate sono i vari Nightmare, il primo uscito nel 1984 con regia di Wes Craven e protagonista il famosissimo Freddy Kruger, che con la faccia sciolta e le dita a pugnale, ti viene a cercare direttamente nel mondo degli incubi, ma con effetti immediati nella realtà. Tuttora sono sicura che sia comunque meglio non sognarlo.
Non dimentichiamo poi gli amanti delle escursioni, che possono incorrere in un altro potenziale pericolo: cadere da qualche parte e rimanerci incastrati, come nel film 127 ore di Danny Boyle del 2010. Basato su una storia vera narra di un ragazzo interpretato da James Franco che cade in un canyon in Utah durante un’escursione e rimane bloccato lì, per 127 ore appunto, arrivando ad atti estremi che durante la proiezione del film nelle sale hanno causato parecchi malori e anche un attacco epilettico tra il pubblico.
Ma si può anche rimanere bloccati in una grotta, come nell’agghiacciante The Descent – Discesa nelle tenebre (2005). O in una gabbia subacquea, come in 47 metri, film del 2017, in cui si aggiunge un altro grande problema, che ci porta magicamente a chiudere il cerchio: gli squali.
Ovviamente si potrebbero citare davvero altre migliaia di film, tanto è ricco il panorama. Ci aspettano molte estati diverse in cui appassionarci di tanti film differenti, anche se la maggior parte delle pellicole ci ricorda che questa estate potrebbe essere l’ultima. So che state facendo vari gesti scaramantici, ma non prendetevela con me. Riconosco più lo Zio Tibia come parente che non alcuni con cui condivido parte del DNA e da brava nipotina non posso che augurarvi “una pessima estate”.
Black Pills è una rubrica che non vuole insegnare nulla. Ci sono libri, articoli, manuali che trattano biografie di artisti, film, opere d'arte in modo dettagliato ed esaustivo. Non è questo il caso. Le pillole nere sono piccoli scorci di panorami culturali e artistici a volte molto ampi che rappresentano la possibilità di approfondire tematiche che non appartengono totalmente alla cultura di massa, ma che si muovono su altri canali e altri circuiti. In un mondo dove la scelta è limitata spesso a ciò che è definito nel senso più ampio come pop, è vivamente consigliato assumere qualche pillola di colore diverso e scoprire magari qualcosa di nuovo, che in alcuni casi, come nel mio, può accompagnare per il resto della propria vita.