David Cronenberg: la carne, la mente, la violenza, la realtà
A cura di Alice Kundalini - She Spread Sorrow
Ho visto il primo film di Cronenberg che ero adolescente. Il film era eXistenZ e io avevo 16 anni. Un’età sicuramente particolare, quella in cui il corpo muta, si trasforma, in cui impari (o ci provi) ad entrarci in confidenza, anche se ti sembra assolutamente alieno. Un’età in cui cominci a scoprire anche i corpi altrui, sempre oscillando nell’equilibrio tra il desiderio che ti sta traghettando verso l’età adulta e la curiosità mista a fastidio che ti porti dietro dall’infanzia.
Questa premessa perché scoprire Cronenberg proprio in questa fase della vita può essere o estremamente disturbante o assolutamente attraente. E molto più spesso, entrambe le cose allo stesso tempo. Per me, che nel periodo di scelte tra bianco e nero, ho sempre optato per il nero, il senso di disagio che mi infondevano i suoi film mi ha immediatamente fatto innamorare. Da eXistenZ ho scoperto un mondo intero, quello di un regista profondamente carnale e carnalmente profondo.
Attraverso il corpo e le sue mutazioni disegna viaggi che oscillano tra l’orrore e l’erotismo, in un mix che ho sempre trovato assolutamente geniale, in cui attraente e disturbante perdono i confini, in corpi che mutano e si deformano, tra mutilazioni e trasformazioni.
I film di Cronenberg sono molti e non voglio dilungarmi nel tracciarne la filmografia, si potrebbe farne un libro. Mi soffermerò invece su ciò che mi ha colpito di più delle sue pellicole e della sua estetica. Come tutti i grandi registi, il suo linguaggio è riconoscibile e unico.
I primi film sono abbastanza estremi. Budget limitati, immagini forti, forse più dal punto di vista visivo che psicologico, sfociando talvolta quasi nell’horror. La mutazione del corpo è il tema che emerge in modo preponderante in questi primi lavori, in modo talmente forte da risultare quasi ingenuo. Il demone sotto la pelle del 1975 è il racconto di uno scienziato che sperimenta un liquido sulle persone affinché si lascino andare all’istinto, anziché restare sotto il controllo della razionalità. Di due anni dopo Rabid, in cui un medico ridona la bellezza ad una donna sfigurata da un incidente, ma che al risveglio scopre di doversi nutrire di sangue attraverso un’escrescenza che ha sotto il braccio.
Già dagli esordi, oltre al tema del corpo mutante, entra in gioco anche il tema della scienza, che sperimenta, generando “mostri.” Chiaro questo aspetto anche nei film successivi, per esempio nei super cult Scanners e Videodrome (uno tra i miei personali film preferiti del regista), passando per il più mainstream La Mosca, per arrivare al culmine di Inseparabili, altra pellicola a cui sono affezionata, che narra le non troppo simpatiche vicissitudini di due ginecologi gemelli e dei loro esperimenti, in un'epopea di strumenti chirurgici e deviazioni mediche.
Il corpo sempre al centro, in un’ideale astratto che per essere raggiunto, passa attraverso ciò che di più concreto esiste, quello che puoi toccare, vedere, che ti può disgustare o attrarre. In questo gioco cronenberghiano ci vedo sempre questo palleggio tra l’astrazione della mente e la concretezza del corpo, tra il concetto puro del bello che si schianta nel reale in un vero bagno di carne e sangue.
Proseguendo nella filmografia del regista entriamo in un periodo in cui al tema del corpo, si aggiunge in modo preponderante anche quello della mente e della psicologia. Si gioca su piani di realtà che passano dall’oggettivo all’onirico, fino a sfociare nel tema della follia. Di questo periodo altri capolavori come Il Pasto Nudo, ispirato al libro di W. Burroghs, e del 1996 il film a cui sono più affezionata della sua filmografia, Crash, in cui troviamo la sua estetica dura e pura, in un compendio che tratta la perversione sessuale, e di conseguenza il desiderio, la paura e la morte, il corpo mutilato e trasformato. La carne, il sesso, la morte. E gli incidenti stradali.
Gli anni 2000 segnano un passaggio, una trasformazione del regista. Dopo Crash, esce il già citato eXistenZ e nel 2002 arriva Spider. Se nel primo troviamo ancora quella componente di fisicità materica forte, nonostante una trama che parli del “virtuale” e del gioco, in Spider la componente preponderante è sicuramente quella mentale. Il tema è la malattia psichica.
Nel 2005 A History Of Violence, un vero capolavoro con un grandissimo Viggo Mortensen, che lo consacra sempre di più nell’OIimpo del cinema. Rispetto ai decenni precedenti, cambiano i budget e le produzioni, David è sempre più un regista “da festival” (in senso buono), i cui film sono attesi con curiosità e aspettative elevate. L’estetica del regista ha in qualche modo assorbito quella corporeità dei film precedenti, per restituirla in una complessità diversa.
Il successivo La Promessa Dell’Assassino, con protagonista nuovamente Viggo, ha una delle scene più celebri, violente, disturbanti e materiche del cinema, la lotta nella sauna, in cui il regista chiede a Mortensen di girarla completamente nudo. Successivo è A Dangerous Method, sul rapporto turbolento tra Jung, Freud, Gross e Spielrein, in un intreccio di relazioni complesse,film che per mio gusto personale ho apprezzato meno di altre. Arriviamo poi a Cosmopolis, stranissimo, con un Robert Pattison assolutamente perfetto, basato su un libro di De Lillo. Pellicola che mi ha davvero stupito. Si svolge interamente su una limousine, e da questo microcosmo emergono differenti piani di realtà che si intrecciano: quella che è fuori dalla limousine, una sorta di realtà “di tutti”; quella individuale, chiusa in un ambiente altro; quella corporea, fatta di malattie, forse immaginarie, in cui regna sovrana quindi anche quella mentale; e poi una diversa ancora, quella virtuale, che passa da cellulari, schermi e rete, per poi astrarsi ulteriormente e arrivare a quella finanziaria e del potere, finendo col rischiantarsi sulla realtà attraverso la morte. Che alla fine resta l’unica cosa reale.
Ultimo film ad ora e altro capolavoro, Maps to the Stars, intreccia storie diverse di personaggi specchio della nostra realtà, del nostro tempo, delle contraddizioni di un’epoca vuota, fatta di niente e fondata sul “non valore”.
Insomma, Cronenberg si è capito, è uno dei miei registi preferiti. Sarà perché è un amore di gioventù. Sarà perché non c’è un suo film che abbia trovato scontato. Sarà perché amo chi ha un linguaggio che gioca sulle linee di confine. Sarà perché ha creato alcune delle immagini immortali della storia del cinema. Sarà perché tra corpo, sangue, mutazioni, trasformazioni, mutilazioni, malattia, medicina, scienza, realtà virtuali, psichedelia e tanto altro il viaggio con David non può che essere emozionante, in un costante gioco di consistenze che superano lo schermo per arrivarti sotto la pelle.
Black Pills è una rubrica che non vuole insegnare nulla. Ci sono libri, articoli, manuali che trattano biografie di artisti, film, opere d'arte in modo dettagliato ed esaustivo. Non è questo il caso. Le pillole nere sono piccoli scorci di panorami culturali e artistici a volte molto ampi che rappresentano la possibilità di approfondire tematiche che non appartengono totalmente alla cultura di massa, ma che si muovono su altri canali e altri circuiti. In un mondo dove la scelta è limitata spesso a ciò che è definito nel senso più ampio come pop, è vivamente consigliato assumere qualche pillola di colore diverso e scoprire magari qualcosa di nuovo, che in alcuni casi, come nel mio, può accompagnare per il resto della propria vita.