Accelerazionismo e musica elettronica: l’uomo, la macchina, il suono
A cura di Alice Kundalini - She Spread Sorrow
L'accelerazionismo è un termine legato alla filosofia politica nato per descrivere una forma per combattere il sistema capitalista che si basa sull'estremizzazione delle sue stesse caratteristiche, piuttosto che combatterlo utilizzando armi contro di esso. Dalla teoria filosofica di Marcuse che vedeva tra le minacce più grandi del sistema capitalista il riuscire ad introiettare ogni forma rivoluzionaria all'interno delle sue logiche, rendendole innocue e parte del sistema stesso, l'accelerazionismo si basa sul principio opposto: spingiamo sull'acceleratore fino a schiantarci, per rendere l'idea.
Ma questo cosa ha a che fare con la musica? Il termine è stato utilizzato da un famoso critico musicale, Adam Harper, per definire un certo panorama artistico all'interno della Berlin Music Week del 2015, nel quale presenziavano artisti con questa caratteristica comune: una spinta fortissima, estremizzata, accelerata appunto su quello che è considerato uno dei limiti della musica elettronica, cioè la compostezza, la perfezione del suono, la patina artificiale che toglie anima alla musica, ma esattamente per sortire l'effetto opposto, diventando qualcosa di completamente nuovo e fuori dagli schemi.
Già con i Kraftwerk (gruppo nato negli anni '70 e tuttora attualissimo e innovativo, dopo 50 anni di storia), il tema del rapporto tra l'uomo e la macchina è diventato centrale: li troviamo a diventare dei veri e propri robot, a non capire durante i loro live se si tratta di loro o di automi o di proiezioni. I titoli, come Man-Machine, non lasciano dubbi sulla centralità della questione all'interno della musica elettronica: le macchine utilizzate per creare suoni sempre più cristallini, puliti, logici, razionali...ma senza le sporcature date dall'imperfezione umana, dove ritroviamo l'anima della musica?
La musica definita attualmente come accelerazionista mantiene centrali queste tematiche e le estremizza all’interno della contemporaneità in cui la tecnologia, le macchine, i computer sono sempre più presenti e indispensabili, non solo per chi produce musica elettronica, ma per chiunque. Non solo questo, ma anche le logiche di mercato, della pubblicità, del consumismo. E anziché rifiutare il sistema, spingiamo forte sull’acceleratore e vediamo dove si può arrivare, fino al punto di rottura.
Partendo dall’estremizzazione di ciò che dovrebbe essere super patinato, perfetto, algido, colorato, conforme, dettato dai rigidi schemi imposti dalla tecnologia e dalla contemporaneità esce invece qualcosa di completamente nuovo, oltre l’umano, superando molte etichette che in realtà siamo noi in quanto persone a dare. Per esempio quelle di genere. Non solo, questa musica “hi-tech” creata con il massimo delle tecnologie in quanto a qualità sonora, con macchine che sostituiscono strumenti musicali e voci umane, tratta anche tematiche che possiamo immaginare in una sorta di realtà digitale ultratecnologica, fatta di display e automi….che è poi così diversa da quella che viviamo?
Da suoni che apparentemente dovrebbero essere i più inoffensivi, emergono invece musiche assolutamente aliene, con ritmiche e suoni sconnessi, con immagini e tematiche che vanno ben oltre anche ai generi considerati più classicamente fuori dagli schemi. Ed è proprio così, se il punk è stato digerito e non fa più paura a nessuno, per Far Side Virtual di James Ferraro (uno dei dischi fondamentali di questa nuova ondata, ormai del 2011) si è creata una discussione in ambito musicale fortissima, al punto che il celebre giornale The Wire che lo aveva eletto disco dell’anno, ha poi pubblicato una lettera di scuse ai lettori, tanto aveva sconvolto e creato polemica.
E insieme a lui, troviamo altri artisti meravigliosi, come Arca, creatura stupenda che supera ogni definizione sessuale e crea musica incredibilmente profonda, celebre per le produzioni e collaborazioni con Bjork.
Fka Twigs (prodotta da Arca) i cui video sono dei veri capolavori, aliena da tutto, oltre a tutto. Qui il link al primo video che ho visto e di cui mi sono innamorata, ma ce ne sono tantissimi altri altrettanto e forse più belli ancora.
E poi Holly Herndon che per esempio nel suo ultimo disco (Proto, del 2019) ha utilizzato delle voci create artificialmente che si sostituiscono, sovrappongono, contrastano la sua, creando un effetto spiazzante ed estremamente comunicativo (non aspettatevi una voce filtrata o un assistente di Google, bisogna sentirlo per comprendere). Ricordo ancora il suo live al festival di Innsbruck Heart Of Noise nel 2014, con questa videoproiezione alienante in cui lunghissime file di scaffali del supermercato ti ingoiavano tra i loro colori pastello e i prodotti che prendevano vita e cadevano in una pioggia consumistica hitech davvero destabilizzante.
E ancora Oneohtrix Point Never, Logos, David Kanaga, Fatima Al Qadiri, Lorenzo Senni, Pc Music, ecc ecc.
Un mondo da scoprire per ritrovare una via differente e la rottura dove non ci si aspetterebbe, e per interrogarsi su quali sono le conseguenze di questo interscambio totale che esiste ormai tra l' umanità e la tecnologia, ritrovando nella musica e nell’arte un territorio di condivisione in cui i confini sempre più sottili mostrano al meglio i paradossi della nostra epoca in cui tutto ha un gusto artificiale e una logica di consumo con un tempo accelerato usa e getta.
Black Pills è una rubrica che non vuole insegnare nulla. Ci sono libri, articoli, manuali che trattano biografie di artisti, film, opere d'arte in modo dettagliato ed esaustivo. Non è questo il caso. Le pillole nere sono piccoli scorci di panorami culturali e artistici a volte molto ampi che rappresentano la possibilità di approfondire tematiche che non appartengono totalmente alla cultura di massa, ma che si muovono su altri canali e altri circuiti. In un mondo dove la scelta è limitata spesso a ciò che è definito nel senso più ampio come pop, è vivamente consigliato assumere qualche pillola di colore diverso e scoprire magari qualcosa di nuovo, che in alcuni casi, come nel mio, può accompagnare per il resto della propria vita.